IL FUNGO ALLA FINE DEL MONDO, ANNA LOWENHAUPT TSING
Anna Tsing è un'antropologa, una femminista, una viaggiatrice e una visitatrice di mondi altri che proprio alla luce di questa curiosità verso l'inaspettato riesce a ribaltare una serie di preconcetti: quando ci imbattiamo in qualcosa che resta, come questi funghi, pensiamo a qualcosa che sopravvive e di precario che fa da scarto rispetto al resto. Qualcosa di bellissimo, ma appunto di deviato ed eccezionale, in una tacita acquiescenza rispetto all'idea della norma imposta dalla modernità. Ma se invece «i nostri tempi sono maturi per una sensibilità verso la precarietà?» Tsing definisce la precarietà come «la condizione in cui si è vulnerabili rispetto agli altri. Ogni incontro imprevedibile ci trasforma; non abbiamo il controllo, neanche di noi stessi». In questa frase così semplice e breve c'è un intero sistema di pensiero che si avvicenda a un altro: c'è l'idea di poter essere fragili e aperti senza essere sconfitti e spacciati; la fiducia nel fatto che la perdita di controllo sia fondamentale per l'arrivo dell'imprevedibilità che ci trasforma, vissuta come una possibilità e non solo come una condanna. E questo vale anche quando si tratta di ambiente, non solo quando parliamo di cosmogonia o amore..."
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